IL CONCETTO DI VITA UMANA, SCONTRO STRA RAGIONE E COSCIENZA

handhope02[1]
Riflessioni di un semplice studente.
Il tema è davvero importante per provare io solo ad illustrarlo, ma dopo un duro confronto con alcuni miei coetanei, eccomi qui a tentare di sostenere la mia tesi contro le numerosissime tesi contrarie, tesi razionaliste, oserei dire, quasi all’estremo o tesi che sostengono che la vita sia qualcosa che possa essere modificata per il solo fatto che esista la sofferenza, quando quest’ultima è un evento naturale della vita, proprio come la morte; comunque tesi che pongono questioni non meno interessanti e che la coscienza, molte volte, non può che mettere nelle mani di un essere trascendente.
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Svelato già il mio orientamento, molti si saranno scocciati di arrivare fino a questo rigo, ma proverò a trattenerli dicendo che io non parlerò di quell’essere trascendente, che per me è Dio, non sono un sacerdote, non è il mio compito, ma proverò a fare un analisi di questo tema basandomi sul buon senso, prima di tutto, sulle poche conoscenze che possiedo e sulla logica.
Partiamo da un semplice concetto generalmente riconosciuto dalla comunità scientifica: cosa è l’uomo? Darwin direbbe “l’uomo è un animale” e aggiungerebbe, “dotato di ragione”. Penso di non suscitare nessuno scandalo nell’affermare quindi che l’uomo non è un semplice animale, ma è un animale dotato di ragione. La differenza non è banale, ma è molto importante poiché spiega molte cose che sono oggetto di forti dibattiti attuali.
Per fare un piccolo esempio: molto spesso si dice “l’amore tra due omosessuali non è contro natura?”, ho sentito anche dire nei confronti dei sacerdoti o dei celibi in genere “il non sposarsi non è contro natura?”. Molti di fronte a questi interrogativi tenderebbero a dire che effettivamente sono contro natura, e non vi nascondo che io stesso lo credevo. Ma se abbiamo appena detto che l’uomo è dotato di ragione, possiamo ben affermare che mettendo un uomo davanti ad un bivio egli compie una
scelta “ragionata” non sempre “istintiva” (la teoria dell’es, dell’io e del super-io). Per spiegarlo ancora più chiaramente, se noi non ragionassimo non ci sarebbe una società civile ma solo un branco dove magari scannarsi senza regole, dove tutto è permesso, dove vige la legge della selezione naturale. Quindi l’uomo è diverso da un qualsiasi essere vivente, pur appartenente al regno animale, perciò la vita umana non può avere la stessa valenza della vita di un animale che comunque è un essere vivente, e in quanto tale, va rispettato e amato.
Ma è possibile che solo la ragione faccia di un uomo un animale differante dagli altri?
Io ritengo di no, l’uomo oltre di ragione è dotato di consapevolezza, di coscienza, di sentimento ed altri fattori che condizionano la ragione, e molto spesso prevalgono sulla ragione. Dicendo però che la vita umana è unica, penso di dire, e di affermare a gran voce, che essa va tutelata dalla razionalità estrema di coloro che non riconoscono nell’uomo una parte, per così dire, “diversa” limitandosi a considerare l’uomo composta da un cervello abbastanza ampio, da una testa, da due gambe, due braccia ecc …. Anche una scimmia è morfologicamente e fisiologicamente simile, sostanzialmente uguale all’uomo, possibile che quel 10% della intelligenza (e sto davvero abbondando) che ci è stata data dall’evoluzione (dove ancora è sconosciuto l’anello mancante) faccia di noi una creatura così diversa? Altro punto: parliamo di “vita”.
La vita, dal punto di vista biologico è quella condizione che distingue una materia vivente da una materia non vivente. Sotto questo punto di vista, mi è stato fatto notare da qualcuno, anche uno spermatozoo è vita. Ma quello che mi chiedo, sarà pure vita, ma è vita umana?
Mi si potrebbe opporre “ma allora l’embrione è vita umana?” se devo essere cattivo, dovrei dire che biologicamente parlando si, e vita. Volendo, però fare il comico risponderei “io sono un uomo, ma in effetti non ricordo se in fase embrionale avevo la capacità di ragionare”. Oggettivamente pero non riesco a concepire l’embrione come qualcosa di diverso dall’uomo, e quindi qualcosa di distaccato. Oggettivamente se non esiste l’embrione non esiste l’uomo. L’embrione è solo un cumulo di cellule in sviluppo?
Immagino se mia madre avesse abortito, oggi io non sarei qui a scrivere questa sorta di tema lungo e pesante, e forse per qualcuno sarebbe stato un bene; ma per mia fortuna questo non è successo e oggi sono un uomo dotato di una capacità, se pur limitata, di ragionamento, provo dei sentimenti, ho consapevolezza ecc … sono una vita umana. Ora tocca a voi rispondere; l’embrione è solo un cumulo di cellule?
Punto terzo: la morte
Abbiamo parlato di vita, ma noi, purtroppo, sappiamo che non c’è vita senza morte, è una cosa naturale proprio come non c’è una salita senza una discesa. Non ci vuole la scienza per comprenderlo ne qualche esperienza mistica di particolare rilievo.
Bene, il cuore batte, il corpo respira, il cervello però non funziona. Definitemi un corpo morfologicamente identico ad una giovane ragazza che si trova in queste condizioni. Come si potrebbe definirlo? “cosa”? non vi nascondo che per il diritto è questo: una persona è MORTA (si potrebbe definirlo cosìWinking quando l’encefalogramma è irreversibilmente irrecuperabile, per cui si può procedere a “staccare la spina” un modo, secondo me, per evitare una parola chiara: Uccidere.
Ovviamente una cosa è se la morte è imminente, io questo caso vedo l’utilità di procedere all’espianto di organi. Una cosa è se il paziente si trovi in una condizione di stabilità. Ora la “cosa” merita di morire solo perché ha un cervello che non funziona?
Molti neurologi definiscono una condizione vegetativa come una condizione di disabilità grave, più grave di molti disabili in cui una parte del cervello non funziona correttamente.
Non è vita per il diritto, per cui basta una sentenza che autorizzi a “staccare la spina”: quello che mi chiedo c’è qualche differenza farlo con una pistola e sparargli in testa? Portano tutte e due allo stesso risultato … la differenza è solo un po’ di sangue.
Alcuni affermano che il compito della medicina è quello di migliorare la “qualità della vita”, in certi casi, e sottolineano certi, anche ricorrendo alla morte. Io personalmente non affiderei mai la mia vita ad un medico che pensa questo. La medicina, da quando è nata, ha la funzione di “preservare la vita”, né di portare ad una guarigione totale (è impossibile) né tanto meno aumentare la qualità della vita (e anche questo è impossibile per la medicina, perché se ti amputano una gamba, o un braccio ecc … ditemi voi quale aumento della qualità della vita si ha?) al massimo questo compito è destinato alla tecnologia, applicata magari anche alla medicina.
Mi sento dire che pensando tutto questo io sia un egoista, sinceramente non vedo l’egoismo a voler tutelare una vita in tali condizioni. Però ammetto e rispetto chi la pensa diversamente arrivando ad ammettere un compromesso che io oserei dire indispensabile per la salvaguardia stessa del concetto di vita, ossia il testamento biologico, dando voce così alla volontà di chi deve compiere l’atto effettivo di morire. Magari non sarà una volontà attuale (e questo è il limite forte che impedisce anche l’emanazione di una normativa in materia) però è inammissibile che la volontà di una persona in stato vegetativo venga ricostruita in un processo sulla base di testimoni che si “ricordano di aver sentito dire …”. Ma stiamo scherzando? La mia vita o la mia morte deve essere decisa da chi si ricorda di aver sentito dire da me che io sono favorevole all’eutanasia? Ma questo è peggio del periodo del terrore francese!!
Se non c’è una volontà, io penso che la vita umana vada tutelata sempre, non solo perché è tale, ma anche perché ogni vita è un esempio, una idea, un atto, un sorriso, un ricordo, una persona, una storia è qualcosa che valga la pena di essere sempre vissuta in tutte, e ripeto tutte, le condizioni sociali e personali, certo, non oltre il limite del buon senso , ossia nel comprendere che la morte è inevitabile e che ogni vita ha il suo corso, rispettando, nel senso di accettare e non di sottostare, sempre la volontà del paziente.
Esposto i miei pensieri, ne avrei altri, ma mi rendo conto di essere lungo e noioso, voglio però fare un accenno ad una persona che per me è l’esempio perfetto di chi non si arrende alla malattia degenerante neanche per mettere da parte i propri compiti istituzionali, superando i limiti fisici, morali e psichici, e ha fatto il papa persino con il sondino : Giovanni Paolo II. Tutti abbiamo visto, certo non è bello vedere la sofferenza, ma è un esempio di forza che non può renderci indifferenti, gelidi nella nostra razionalità di vedere Giovanni Paolo II come un vecchietto, alla fine della sua vita che tenta di fare dei gesti ad una finestra. L’esempio che ci viene dato da lui, ma non solo da lui, anche da altre persone che in condizioni ben più peggiori hanno voglia di vivere, e c’è ne sono molte, ci deve spingere a riflette su quanto vale una vita, a riflettere sulla nostra stessa vita, e se noi che giudichiamo se una persona merita di vivere o di morire teniamo conto di questo valore INESTIMABILE.
Voglio chiudere, staccandomi dalla Laicità (il riferimento al papa e il riferimento all’esempio della PERSONA, non alla dottrina di una chiesa) che ho cercato di mantenere in questo discorso, con una massima di S. Agostino, uno dei più grandi filosofi della storia, che dice: “bisogna CREDERE per CAPIRE, bisogna CAPIRE per CREDERE” RAGIONE & FEDE sono una legata all’altra.
Antonio Suriano.

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